Alcuni consigli per la redazione di un contratto internazionale.

Oggigiorno le aziende si imbattono frequentemente nella necessità di concludere contratti internazionali. I mutati orizzonti commerciali rendono necessario definire opportuni modelli contrattuali utilizzabili quando si commercia con l’estero al fine anche di tutelarsi in caso di inadempimento della controparte a fronte della diversità del diritto estero.
Molto spesso, erroneamente, si ritiene che le tecniche di redazione usate per predisporre contratti interni siano immediatamente applicabili anche ai contratti internazionali, niente di più errato; tali tecniche rischiano infatti di rivelarsi inadeguate a fronte della complessità e dell’atipicità dei rapporti di carattere giuridico caratterizzati da “internazionalità”.

Pertanto, sarebbe errato considerare i comportamenti e la prassi del sistema italiano come immediatamente trasferibili ed applicabili al partner straniero.

Instaurare una proficua collaborazione con un partner straniero implica, dunque, non solo comprenderne le diversità, ma anche identificare, preventivamente, i possibili rischi che potrebbero pregiudicare il buon esito del futuro rapporto contrattuale.

Ma quali sono gli elementi in presenza dei quali un contratto può dirsi “internazionale” e a quali clausole occorre prestare particolare attenzione?

Una premessa: il carattere “internazionale” del contratto.

Innanzitutto, l’internazionalità del contratto sorge tipicamente quando il contratto viene posto in essere tra due soggetti appartenenti a sistemi giuridici differenti, avendo essi la propria sede d’affari in due Stati differenti.

È “internazionale” quel rapporto contrattuale non destinato ad esaurirsi esclusivamente all’interno di un unico ordinamento statuale. Pertanto, appare internazionale quel rapporto negoziale concluso tra controparti aventi nazionalità diverse o tra controparti aventi la propria residenza o il proprio domicilio o la propria sede legale in Stati diversi oppure quando il rapporto debba essere eseguito in tutto o in parte all’estero o abbia ad oggetto un bene situato all’estero o, ancora, quando sia sottoposto, per concorde volontà delle parti contraenti, ad una legge straniera, ossia ad una legge diversa da quella vigente nello Stato di cui entrambi sono cittadini, ed infine, quando contenga una clausola che attribuisca la competenza a risolvere le eventuali controversie ad un tribunale straniero.

In presenza di uno o più di tali peculiarità, è opportuno che i contraenti inseriscano determinate clausole volte a definire in maniera puntuale i rispettivi obblighi contrattuali al fine di evitare situazioni di incertezza.

Prestare attenzione alla forma e alla lingua di un contratto internazionale.

Sebbene la legge non richieda forme particolari per la redazione di un contratto internazionale, sarebbe sempre opportuno optare per la forma scritta. Oltre a ciò, il contratto deve essere opportunamente strutturato, prevedendo le generalità delle parti, le premesse, l’oggetto del contratto, oltre ad una serie di clausole rispettose dell’ordine pubblico, del buon costume e non contrarie alle norme imperative. Occorre inoltre che il contratto abbia un contenuto chiaro e dettagliato onde evitare di fomentare incomprensioni ed incertezze.

Proprio su tale punto, particolare attenzione deve essere prestata alla lingua di redazione del contratto.  È possibile optare per una lingua di redazione neutra rispetto a quella delle parti contraenti oppure scegliere di redigere il contratto in più copie, tradotte secondo la lingua di ciascun contraente ed aventi il medesimo valore. Questa situazione, più favorevole all’utilizzo della lingua propria a ciascuna parte di cui essa ha la piena padronanza, presenta la difficoltà di garantire la corrispondenza fra le diverse traduzioni. In ogni caso, occorre preferire un linguaggio che eviti di generare equivoci oltre alla previsione di un allegato al contratto in cui viene approfondito il significato attribuito a determinate clausole.

Un contratto internazionale: si, ma secondo quale legge?

Una problematica importante riguarda l’identificazione della legge da cui è disciplinato il contratto. Per tali motivi, la redazione di tali contratti è spesso preceduta da una fase di negoziazione volta a consentire alle parti l’acquisizione delle informazioni legali necessarie per valutare da quale legge sia preferibile per la disciplina del futuro contratto.

In ciascun paese, infatti, vigono proprie leggi sicché individuare la scelta della legge chiamata a disciplinare il contratto appare estremamente importante, soprattutto in caso di insorgenza di una controversia. Questo aspetto non deve essere né tralasciato né la scelta delle legge da applicare deve essere lasciata, in sede di negoziazione, alla parte dotata di maggiore potere contrattuale, essendo opportuno invece che sia fatto oggetto di una apposita clausola sulla “legge applicabile”.

Le parti possono quindi liberamente decidere la legge applicabile al loro rapporto, decidendo di disciplinarlo alla luce del sistema normativo di una delle due parti o anche di uno Stato terzo (neutro).

Le medesime possono anche ricorrere a un contratto di per sé è autosufficiente.

Questa seconda ipotesi fa riferimento ai c.d. “self-regulatory contract”– maggiormente diffusi nei paesi di tradizione anglosassone – che contengono una regolamentazione esaustiva che permette al contratto, previa espressa dichiarazione delle parti, di essere assoggettato alla sola disciplina autosufficiente prescelta.

In entrambe le soluzioni prospettate, le parti devono comunque considerarsi vincolate dalla cosiddetta “Lex Mercatoria” ovvero ad una serie di principi generali in materia di commercio internazionale, oltre a conformarsi agli usi commerciali internazionali codificati dalla Camera di Commercio Internazionale di Parigi ed agli International Commercial Terms (Incoterms). Le parti sono inoltre vincolate alle Convenzioni Internazionali sottoscritte dal proprio Stato di appartenenza, come ad esempio la Convenzione di Vienna sulla vendita di beni mobili. Quando i contraenti appartengono a Paesi dell’Unione Europea, la legge applicabile al contratto si stabilisce secondo le norme di cui al Reg. CE n. 593/2008 che ha sostituito la Convenzione di Roma del 1980 in tema di “obbligazioni contrattuali”.

L’identificazione del Foro competente nei contratti internazionali.

Parimenti importante in un contratto internazionale appare l’inserimento di una clausola relativa alla determinazione dell’autorità competente a dirimere le eventuali controversie che potranno sorgere in esecuzione degli impegni sottoscritti.

I contraenti potranno anche inserire all’interno del testo contrattuale una clausola con la quale eleggere un foro esclusivo devolvendo a uno specifico organo il potere di pronunciarsi sulle liti insorte, scegliendo un giudice del Paese di una delle parti contraenti, oppure un arbitro privato. Attenzione, tuttavia, al foro competente in particolari materie che non ammettono deroghe alla competenza: in alcuni casi, tale competenza è dunque esclusiva ( ad esempio, per i contratti che regolano le locazioni immobiliari, per i quali il giudice legittimato resta quello del luogo in cui si trova l’immobile o nel caso di registrazione di marchi o brevetti è competente il giudice ove sono prescritti il deposito e la registrazione).

it_IT
it_IT