Le nuove tecnologie e l’avvento dei “Social Media” hanno certamente modificato nel corso degli ultimi anni la modalità di comunicare.
Sempre più spesso nelle relazioni personali e commerciali si utilizzano per comunicare i canali virtuali, le c.d. piattaforme “social” (SMS, Whatsapp, Telegram, Instagram, Skype, E-mail, etc.)
Detto radicale cambiamento ha investito inevitabilmente nel corso degli ultimi anni anche le aule di giustizia ove, con sempre maggiore frequenza, si assiste alla produzione di email, di messaggi audio e di chat al fine di dimostrare fatti che, diversamente, non potrebbero essere documentati.
La Giurisprudenza ha così iniziato ad attribuire allo “Short Message Service” (c.d. SMS) valore di piena prova legale.
Analogamente, è stato riconosciuto valore di prova anche ai messaggi scambiati via WhatsApp o mediante gli altri strumenti di nuova comunicazione.
Quanto detto, tuttavia, pur riconoscendo il diritto di colui contro il quale tali produzioni sono rivolte di disconoscerne la conformità rispetto ai fatti di causa (Cass. Civ. n. 5141 del 21.02.2019) mediante l’evocazione in maniera circostanziata ed esplicita di elementi concreti (Cass. Civ. n. 19155 del 17.07.2019), residuando in ogni caso in capo al Giudicante la facoltà di valutare la loro attendibilità rispetto ai fatti della controversia per i quali pende il giudizio e al materiale probatorio in esso raccolto.